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Un’indagine di Fondazione Corazzin per Cisl Veneto ha raccolto l’opinione di 3.500 cittadini riguardo la sanità nella nostra regione. È emerso che sono quasi 7 cittadini veneti su 10 a ritenere peggiorato il servizio sanitario pubblico regionale negli ultimi due anni, valutazione che pare riferirsi non solo ai lunghi tempi di attesa ma anche alla qualità stessa del servizio: difficoltà nella presa in carico, debolezza dei servizi territoriali. Un deterioramento della qualità del funzionamento del sistema che per la maggior parte degli intervistati era cominciato ancora prima del Covid e che la pandemia ha esacerbato e accelerato.

“Il dato preoccupante non è solo quello dell’insoddisfazione diffusa che emerge da questa indagine. Ma la disinvoltura con la quale l’assessore Lanzarin e il presidente Zaia continuano imperterriti a minimizzare i problemi della sanità veneta rivendicando anzi primati ed eccellenze. È chiaro che in questo modo l’abisso tra esigenze dell’utenza e qualità del sistema sanitario regionale è destinato ad aumentare, come purtroppo sta avvenendo da anni”.

Il commento è delle consigliere regionali del PD Veneto, Anna Maria Bigon, Chiara Luisetto e Francesca Zottis.

“Parliamo di un campione di utenti che si rivolgono ai Caf per un ampio ventaglio di servizi. Una platea dunque attenta alla qualità del pubblico ed attendibile. Le cifre del gradimento o dell’insoddisfazione possono essere ribaltate, come fa l’assessore. Ma resta indiscutibile il fatto che c’è una forte insoddisfazione e preoccupazione. A partire dalle liste d’attesa e riguardo ad un generale abbassamento della qualità dei servizi. Questa indagine va considerata come strumento utile per migliorare la situazione e non va liquidato, come fa Lanzarin, dicendo genericamente che se ne terrà conto”.

Le esponenti dem annotano che “è palpabile tra i cittadini la percezione di uno scivolamento verso il privato. Più che percezione, è realtà. Perché, ad esempio, da dopo la pandemia non sono state più applicate le schede ospedaliere del 2019, perché da anni la riduzione dei posti letto avviene solo negli ospedali pubblici e perché nel frattempo tutti i numeri parlano di una espansione inarrestabile del settore delle imprese private. Questo, nell’erogazione di servizi ai quali, disperatamente e a caro prezzo, i cittadini devono ricorrere per ovviare a liste d’attesa infinite. La verità nascosta è che tutto questo è il prodotto di una volontà politica di questo governo regionale”.

“Prendiamo al tempo stesso atto che il presidente Zaia ammette la fortissima carenza di medici in Veneto, quantificandola in 3.500. Anche se poco tempo fa la Regione insisteva nel dire che c’erano state moltissime assunzioni e la carenza era di 1280 ospedalieri, restando in tema di visite specialistiche”.

“Non basta tuttavia trincerarsi come fa Zaia dietro l’alibi delle carenze di personale medico. C’è molto di più alla base di questo generale disservizio. Vale a dire il fronte economico. Basti pensare che nel 2022, secondo dati regionali, le prescrizioni mediche sono state 29 milioni: la Regione ne ha erogate 16 milioni di cui quasi 5 milioni dal privato convenzionato. Quindi le mancate erogazioni sono pari a 13 milioni, con la conseguenza che i cittadini in buona parte se le sono pagate e molti vi hanno rinunciato. Tutto questo ha una radice: in Veneto la spesa sanitaria è pari a 11,9 miliardi, provenienti però tutti dal fondo nazionale e da altri fondi, mentre la Regione non mette risorse proprie”.

Bigon, Luisetto e Zottis annotano infine che “gli accessi ai Pronto Soccorso nel 2022 risultano essere stati 1.778.817, di cui il 60% sono indicati come accessi in codice bianco. Al di là della congruità o meno dell’assegnazione di questo codice, ciò significa che vi è un desertificazione di servizi territoriali per cui ci si rivolge sempre di più al Pronto Soccorso, con ore ed ore di attesa”.