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“Prendiamo atto che l’assessora Lanzarin e il direttore generale Flor non hanno smentito i dati emersi dalla nostra ricerca sulla carenza dei medici di famiglia in Veneto. Ma questo non ci esime dal rilevare il loro tentativo di annacquare la portata dell’emergenza, fornendo una lettura sulle prospettive dell’immediato futuro che sono viziate da interpretazioni quanto meno forzate”.

La presa di posizione è dei consiglieri regionali del PD Veneto, replicando ai contenuti emersi dalla conferenza stampa dei responsabili della sanità veneta.

Innanzitutto, in riferimento alle zone carenti, il capogruppo Giacomo Possamai, insieme ai consiglieri Camani, Bigon, Montanariello, Zanoni e Zottis, evidenziano come “Lanzarin e Flor ammettono l’esistenza di un 30% di cittadini che sono attualmente senza assistenza. Ci sembra una percentuale enorme. Peraltro, oltre a questa platea, va tenuto conto di quella fascia di utenza che si ritrova ad avere un medico di famiglia collocato a distanza dalla propria area di residenza e dunque raggiungibile solo a condizioni disagevoli. Circa poi l’annuncio che ci sarebbe la disponibilità di 250 medici per ridurre le attuali zone carenti, Lanzarin e Flor omettono di dire che questo numero non è aggiuntivo a quello dei medici che stanno seguendo i corsi triennali di formazione in medicina generale, già conteggiati per rimpiazzare i futuri pensionamenti del triennio 2023-2025. A quanto pare, questi medici in formazione in Regione Veneto sono come gli aerei di Mussolini: li spostano da una parte all’altra, ma sono sempre quelli”.

Sempre riguardo ai corsi di formazione, “il numero stimato di 589 nuovi medici di famiglia diplomati nei prossimi tre anni – aggiungono i consiglieri dem – non tiene conto del tasso di abbandono dei corsi che, in via ottimistica, si attesta attorno al 10-15%. Senza considerare che una parte considerevole di medici di famiglia diplomati sceglie di andare a fare altro, secondo quanto segnalano le rappresentanze di categoria”.

Ma gli esponenti del PD puntano l’indice anche sui pensionamenti: “Il calcolo ottimistico dell’assessora Lanzarin e del DG Flor sulle fuoriuscite nei prossimi tre anni deriva dal fatto che prende come parametro l’età di 70 anni, quando è noto che nella maggior parte dei casi il pensionamento avviene a 68 anni, o anche prima”.

Di qui il giudizio finale: “Tra zone attualmente carenti e pensionamenti siamo oltre il migliaio di posti da coprire in pochi anni. Se la coperta è troppo corta, il motivo c’è: il governo veneto negli anni precedenti il 2018, quando le Regioni potevano ottenere di più, non ha chiesto allo Stato un numero di borse adeguato come altre Regioni hanno deciso di fare. E ha scelto di non aggiungere risorse proprie. Col risultato – concludono – che oggi le zone carenti raggiungono un numero allarmante, mentre potevano essere centinaia in meno. È palesemente mancata un’attenta programmazione. E lo dimostra il fatto che Lanzarin annunci solo ora l’apertura di un tavolo di confronto con la categoria, quando la richiesta di dialogo serrato ed urgente risale all’inizio di quest’anno. L’emergenza c’è, purtroppo sminuirla non aiuterà a risolverla”.