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Inteso come strumento di approfondimento, questa ricerca ha il merito di indicarci anche le soluzioni possibili. Ed è quello che abbiamo fatto elaborando una serie di proposte che metteremo sul tavolo della Giunta e del Consiglio regionale. Questo, avendo come principio-guida il fatto che l’assistenza del medico di famiglia deve essere garantita a tutti.

Dunque, nell’immediato, sono necessarie misure emergenziali. Occorre investire subito nel sostegno dei medici attualmente attivi, assegnando loro un supporto amministrativo, adeguatamente formato e possibilmente infermieristico. L’orizzonte deve essere quello del rafforzamento delle medicine di gruppo e delle medicine di gruppo integrate, laddove possibile. Per favorire l’associazione dei MMG bisogna prevedere anche la messa a disposizione, a titolo gratuito o a prezzo politico, dei locali per gli ambulatori: a tal fine la Regione dovrà coinvolgere le ATER e gli enti locali.

Inoltre, ai medici che hanno scelto o sceglieranno di andare a lavorare nelle aree disagiate (Venezia, isole, zone montane e polesane, a forte dispersione abitativa) si devono anche offrire riconoscimenti o incentivi di natura economica e la possibilità di operare in micro-team (composti dal medico di famiglia in singolo, un collaboratore di studio e un infermiere, per sei ore giornaliere di apertura complessiva) con precise regole organizzative di cura e assistenza.

Altro punto fermo, quello del raggiungimento dei massimali di assistiti per medico: solo in via eccezionale e per il tempo strettamente necessario al superamento della fase emergenziale.

Ma, andando oltre l’emergenza, per risolvere a medio termine il problema della carenza di MMG, bisogna innanzitutto mantenere alto, almeno al livello del 2021, il numero di borse per la scuola regionale di formazione, con almeno 1.200 nei prossimi 5 anni, di cui 600 nei primi due. Accanto a ciò serve rendere più attrattivo lo sbocco professionale, anche prefigurando possibilità di carriera e di specializzazione universitaria. A questo proposito, la proposta di legge presentata dal nostro gruppo prevede l’attivazione del diploma di specializzazione in Medicina generale, di comunità e cure primarie, che consentirebbe ai MMG anche l’accesso a percorsi di carriera e manageriali all’interno del servizio sanitario nazionale.

Per risolvere strutturalmente i problemi evidenziati dalla nostra ricerca, la Regione Veneto dovrebbe concordare con le organizzazioni rappresentative dei medici, con le forze politiche, con i sindaci e con le associazioni a difesa dei diritti dei cittadini, una rapida evoluzione del modello organizzativo della Medicina Generale. Questo andando verso l’integrazione tra assistenza diurna e continuità assistenziale.

Siamo in una fase decisiva, probabilmente l’ultima occasione, favorita anche dagli stanziamenti relativi al PNRR, per invertire la rotta. Entro il 2026 vanno realizzate le già annunciate delle Case della Comunità, all’interno delle quali dovranno operare equipe interdisciplinari con la partecipazione di medici e pediatri di famiglia, in rete con il territorio e l’ospedale.

Un altro aspetto che riteniamo irrinunciabile è l’ammodernamento tecnologico, a cominciare dalla telemedicina, che può essere utilizzata con importanti vantaggi nell’ambito dell’assistenza primaria. Grazie agli stanziamenti nazionali previsti con la manovra di Bilancio 2020 (pari a 235 milioni di euro per la tecnologia presso gli studi dei MMG e nelle case di comunità) i cittadini avranno la possibilità di svolgere esami diagnostici di primo livello presso gli ambulatori dei medici di famiglia e nelle case di comunità. Ma per far sì che questo accada davvero, oltre alla fornitura dei macchinari dovrà essere garantita ai medici di famiglia la formazione necessaria per saperli utilizzare al meglio, che dovrà essere organizzata attraverso un piano regionale di formazione.