Salta al contenuto principale

La fretta e l’ansia di essere i primi della classe gioca brutti scherzi. E a pagare pegno, per questo vizio della Giunta regionale, rischiano di essere le opere pubbliche, che come sappiamo devono essere messe a terra nel più breve tempo possibile. Su questo tema nei giorni scorsi mi sono arrivate numerose segnalazioni da imprenditori del settore e dalle stesse stazioni appaltanti: evidentemente la denuncia delle categorie economiche è in questo senso più che legittima. E merita non solo un’ulteriore sottolineatura e ricostruzione su come sono andate le cose, ma un chiarimento istituzionale urgente.

Si sta infatti verificando un moltiplicarsi di appalti fermi o non assegnati a causa dei costi lievitati dopo la pandemia ma soprattutto a seguito del conflitto in Ucraina. La situazione, che sta obbligando le imprese a rallentare i lavori o a rinunciare alle aggiudicazioni di opere pubbliche, è determinata in buona parte dal fatto che il prezzario dei materiali utilizzati è stato sì aggiornato dalla Regione, ma in modo inadeguato.

Ebbene. Lo scorso 17 maggio è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il Decreto legge n.50 – ‘Misure urgenti in materia di politiche energetiche nazionali, produttività delle imprese e attrazione degli investimenti, nonché in materia di politiche sociali e di crisi ucraina’. Il Decreto indica alle stazioni appaltanti pubbliche di pagare la differenza tra i prezzi che le Regioni andranno ad emettere e quelli fissati da contratto. Di fatto, un adeguamento che risponde al criterio dei ristori e dei sostegni alle imprese. E la Regione Veneto che fa? Appena tre giorni dopo annuncia l’approvazione dell’aggiornamento del prezzario regionale 2022. Precisando che ‘ci si è dovuti confrontare anche con le conseguenze sull’aumento dei prezzi derivanti dalla situazione energetica e alla congiuntura internazionale’ e che ‘il provvedimento è conseguente e coerente anche rispetto al recentissimo decreto del 17 maggio del Governo’.

Purtroppo le cose stanno diversamente. Questo perché era impossibile un aggiornamento autentico di oltre 18 mila voci del prezzario in 48 ore. Non è un caso che tutte le altre Regioni siano infatti ancora in corso di rielaborazione dei prezzi. Col risultato che l’aggiornamento frettoloso del Veneto rischia di complicare ulteriormente la situazione. Ovvero tiene conto degli aumenti del 2021 ma non di quelli legati alla guerra, con differenze in alcuni casi vertiginose, soprattutto per i materiali ferrosi e in generale per l’edilizia. Morale della favola: le stazioni appaltanti non sono in grado di riconoscere costi realmente adeguati al mercato attuale e le imprese restano al palo. Si tratta di un danno pesante per tutti. La voglia di fare prima di tutti gli altri si è trasformata in un boomerang paralizzante. Ora è indispensabile una correzione di rotta responsabile e davvero efficace.

Giacomo Possamai