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“Ormai il fenomeno degli affidamenti alle cooperative dei Pronto Soccorso non è più a macchia di leopardo ma è diventato una costante che di fatto ha sostituito il sistema pubblico con il privato. La fotografia degli affidamenti da parte dell’Ulss 6 Euganea certifica questo quadro. Uno scenario che solo in apparenza risolve il problema della carenza di medici perchè in realtà produce perdite e nuove emergenze in termini di spesa pubblica, di qualità dei servizi e di sicurezza per gli utenti”.

L’analisi è delle consigliere regionali del PD Veneto, Anna Maria Bigon (vice presidente della Commissione Sanità) e Vanessa Camani (vice presidente Commissione Bilancio) alla luce di un focus di stampa dedicato alla situazione nel padovano.

“I fatti hanno dimostrato che esiste un enorme margine di rischio in questo sistema di affidamento ai privati. Basti ricordare le recenti revoche da parte dell’Ulss Serenissima a causa di inadempienze molto gravi. Un dietrofront che svela una serie di problemi a monte. Si va alla cieca riguardo i criteri di selezione e circa la reale formazione del personale. Ed è impossibile conoscere le condizioni lavorative di chi presta servizio per conto delle cooperative: non è dato sapere da quali e quanti turni lavorativi queste figure siano reduci e da dove provengano, visto che spesso i medici risiedono a ragguardevole distanza dal luogo al quale vengono assegnati. Non da ultimo, l’aspetto economico: questi appalti sono notevolmente onerosi per il sistema sanitario regionale. Le tariffe non sono infatti regolate da appalti o contratti nazionali ma determinate dalla richiesta di mercato. Inevitabilmente la contrattazione privata provoca un rialzo dei costi, che le aziende sanitarie devono accettare obtorto collo. Messi tutti assieme, – osservano Camani e Bigon – questi elementi di totale incertezza diventano ancora più pericolosi quando si parla di Pronto soccorso e di servizi di emergenza-urgenza, perchè si mette a rischio la piena tutela di pazienti in condizioni di forti criticità”.

Secondo le esponenti dem “se è vero che questo fenomeno è di dimensioni nazionali, è altrettanto vero che in Veneto la spesa del personale è tra le più basse d’Italia e che, rispetto al budget complessivo della spesa sanitaria, la quota del personale è inferiore del 3-4% rispetto a regioni paragonabili come Toscana ed Emilia Romagna. A questo si è aggiunto il blocco del turnover e l’ aumento dei carichi di lavoro individuali di chi resta, tra turni stressanti, ferie rinviate, straordinari non pagati e assenza di gratificazioni professionali ed economiche. E’ logico che il personale in forza al servizio sanitario regionale, già reduce da un pesantissimo stress legato alla emergenza pandemica, abbia abbandonato con percentuali che in Veneto sono doppie rispetto al dato nazionale e che sono quintuplicate rispetto a 10 anni fa”.

In conclusione Bigon e Camani ritengono “indispensabile mettere uno stop a tale deriva, concentrando a questo scopo quote ben più consistenti di bilancio sanitario. Sia per le assunzioni che per la formazione e le borse di studio. Ed inoltre, viste le cifre milionarie delle esternalizzazioni, è chiaro che riportando all’interno anche queste risorse si assicurerebbero migliori condizioni retributive al personale pubblico. Il recente provvedimento di Giunta, se da un lato tiene in considerazione e conferma i vuoti che noi denunciamo, dall’altro lato guarda ad un orizzonte temporale che non va oltre il 2022. Servono una pianificazione e stanziamenti pluriennali da fissare una volta per tutte con la prossima sessione di bilancio regionale”.