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La sessione di bilancio regionale è l’occasione per analizzare prospettive e strategie per il futuro. Vanessa Camani, vice presidente della Commissione bilancio e relatrice dei provvedimenti in discussione, ci offre un focus dedicato al rapporto tra fiscalità e utilizzo di maggiori risorse per ridurre le disuguaglianze.

La pandemia ha colpito anche la ricchezza. Ha influenzato la possibilità delle persone di investire sul proprio futuro. Ha condizionato le opportunità di istruzione e limitato la realizzazione di progetti imprenditoriali. Se riconosciamo come rilevanti questi diritti sociali, ovvero la salute, l’accesso ad una istruzione di qualità, la disponibilità di una abitazione adeguata, le tutele occupazionali, dobbiamo allora porci il problema di come colmare questi divari attraverso investimenti pubblici. Investire contro le disuguaglianze vuol dire lavorare per una società più giusta: un orizzonte che è totalmente assente da questa manovra di bilancio. A molte delle proposte che abbiamo avanzato per aumentare tutele e sostegni, dalla scuola alle Rsa passando per i giovani imprenditori, la risposta è sempre stata la stessa: non ci sono soldi.
E se da un lato risulta complicato valutare fino a che punto le politiche fiscali siano in grado di estendere i diritti sociali e porre un freno alle crescenti disuguaglianze, non è però un’eresia pensare anche alla leva dell’addizionale Irper per contrastarle. In Italia esistono solo 4 Regioni che non la applicano: Sicilia, Sardegna, Valle d’Aosta e il Veneto, l’unica a statuto ordinario. La Regione ha deciso contemporaneamente di non mettere tasse e di non andare a mutuo, confidando soltanto sui soldi in arrivo da Roma o Bruxelles. Risorse straordinarie che nell’anno più terribile hanno permesso di erogare servizi e prestazioni adeguate e probabilmente contribuiranno anche per il futuro alla sostenibilità di molti interventi. È però chiaro che senza un cambio di marcia saremo sempre un passo indietro rispetto ad altri territori.
È facilmente comprensibile la retorica propagandistica del ‘Veneto Tax Free’. Ma va detto che, quando si governa, si ha il dovere di prendersi delle responsabilità. Magari scomode dal punto di vista elettorale, ma necessarie. Perchè la realtà ci dice che il ‘meno tasse’ significa ‘meno servizi’. I dati parlano in modo eloquente: il Veneto è sì ai primi posti per bassa pressione fiscale pro-capite. Ma è anche una di quelle che meno spende in servizi per le persone, con 16 mila euro per cittadino. Peggio ci sono soltanto Sicilia, Calabria, Puglia e Campania. E, in una fase come questa, tale scenario rappresenta un problema. È arrivato davvero il momento di discutere qual è il futuro che vogliamo immaginare per il Veneto e di come pensiamo di poter garantire ai suoi cittadini quell’eccellenza a cui sono stati abituati. La questione non è dividerci propagandisticamente tra chi vuole mettere e chi vuole togliere le tasse. Mi sembra la banalizzazione di un tema serio. La questione è se vogliamo contrastare le diseguaglianze in Veneto. E come.