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“L’emendamento della Giunta che vincola il NO alle trivellazioni in alto Adriatico esclusivamente ad evidenze scientifiche che ne comprovino i danni ai territori e all’ecosistema del Veneto, è un incredibile voltafaccia”.

Il giudizio, alla luce di questa approvazione collegata alla Nota di aggiornamento al DEFR e “che ha visto tutti i consiglieri di opposizione abbandonare l’aula al momento del voto”, è del consigliere regionale del PD Veneto, Andrea Zanoni.

“In aula ho ricordato ai colleghi che non c’erano nella scorsa legislatura che il 24 settembre 2015, in questa stessa aula, votammo all’unanimità l’appoggio della Regione Veneto al Referendum contro la legge che consentiva le trivellazioni in Adriatico, dando mandato al presidente del Consiglio Roberto Ciambetti e al collega Graziano Azzalin del PD di rappresentarci a Roma. Ora questo dietrofront che punta a cancellare la storia e le evidenze che già ci sono: gli abbassamenti dei terreni, anche di due metri, subiti da intere aree del Polesine, e i miliardi di vecchie lire sborsati da Regione e Stato per i danni da subsidenza”.

“Al posto di questa clamorosa decisione, bastava che Zaia e la sua Giunta chiedessero direttamente alle loro consigliere di maggioranza Cestari e Bisaglia nonché all’assessore Corazzari, provenienti da quei territori massacrati dalle estrazioni del passato, le evidenze che ora cercano. Ma il punto vero – conclude Zanoni – è un altro: Roma ladrona, come la chiamavano i leghisti fino a qualche campagna elettorale fa, chiama? Venezia ubbidisce! Altro che autonomia: oltre che a causa della subsidenza, il Veneto sprofonda nella sudditanza”.